LGBT NELLA COMUNICAZIONE, LE FACCE DEL CONFORMISMO

30 Marzo 2016 Mario Adinolfi
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Il Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi

Trono gay da Maria de Filippi (Canale 5), proposta di matrimonio Lesbo a The Voice (Raidue), Italia’s got Talent inneggia agli amori omosex, non puoi fare una fiction di prima serata se non ci infili la coppia lgbt possibilmente che voglia “avere figli” (da E’ arrivata la felicità a La Grande Famiglia). Poi Transparent sul papà che da vecchio ti fa sapere che è trans, Alta Infedeltà sulle corna generalizzate ma solo etero (storie finte, recitate pure male), Cheaters che è la versione più cruda americana (recitata meglio), in House of Cards il buon Kevin Spacey è bisex, Modern Family, Orange is the new black. L’amore quello “normale” è narrato dalla tv? Certo, ma solo se è un “Amore criminale” e il marito uccide la moglie. Il pr gay sodomizza trenta 14enni? Meglio non si sappia in giro, è da due mesi in carcere e non era uscita la notizia fino a l’altro ieri. Marco Prato uccide con l’amante Manuel Foffo un povero ragazzo? Non facciamo sapere che è gay, diciamo che stava con Flavia Vento. Il pr e Marco Prato erano amici su Facebook, ma non si parli di connessioni, di mondo criminogeno e violento, chi lo fa è omofobo. E c’è un giornalista del Messaggero, peraltro gay e militante lgbt, che scrive che c’è un segmento del mondo omosex della Capitale che teme che dopo l’omicidio di Luca Varani venga aperto il “vaso di Pandora” che potrebbe rivelare le abitudini di vita di queste “colonie del male”, tra sesso estremo e consumo smodato di droghe. Per aver scritto questo il giornalista è stato minacciato di morte. Perché di quel mondo si può parlare solo lacrimando come Claudio Bisio davanti al bacio gay in prima serata, che ormai altro non è se non un colossale atto di conformismo.